Pittore e scultore tedesco. Lasciati gli studi di filosofia, si dedicò
alla pittura da autodidatta. Nel 1919 fu tra i fondatori, assieme a Baargeld,
Theodor e Arp, della rivista dadaista "Dada W/3 di Colonia". Dal Dadaismo
passò al Surrealismo (1921), del quale, con Dalí e Miró,
è considerato un caposcuola. In quanto autodidatta, fu del tutto libero
da influssi o condizionamenti "scolastici", facendo quindi dell'espressione
artistica un mezzo meccanico, spontaneo, del tutto privo di
quell'attività raziocinante ed a volte opportunistica dei suoi compagni.
L'anelito a una maggiore libertà per la sua espressione, rivolta
all'intensificazione della sensibilità delle facoltà spirituali e
libera alle ossessioni visive più intime, spinse
E. a staccarsi
dal gruppo dei surrealisti (1938), pur continuando nell'ambito di questa
corrente, a cercare tecniche e motivi espressivi meno vincolanti. è stato
l'inventore del
collage e del
frottage (1925). Quest'ultima
tecnica consiste nello sfregare con un bastoncino di grafite la carta posta su
una superficie rugosa, fino all'ottenimento di figurazioni fortuite senza la
partecipazione attiva dell'autore, con un processo assolutamente automatico. Nel
suo libro
Al di là della pittura, E. teorizzò la propria
condizione di perenne disponibilità, condizione indispensabile per
un'alternativa a schemi, stili e pianificazioni creative di dubbia
autenticità. Durante il periodo nazista
E. fuggì negli
Stati Uniti, e solamente nel 1940 poté far ritorno in Francia. Tra la sua
produzione ricordiamo le opere più significative:
L'Histoire naturelle
(frottage); Il canto delle cavallette alla luna; L'angelo del focolare; L'urlo
dei soldati assetati di sangue (1919);
Trofeo ipertrofico; Il calendario
dello spettacolo (1925);
Omaggio ad una bambina chiamata Violetta
(1933);
Giardino per aerei (1935);
Les milles Apatrides (1935);
Lunar asparagus (Brühl, Colonia 1891 - Parigi 1976).
Max Ernst: “Deux enfants sont ménacés par un rossignol”